I drogati di Internet curati al Gemelli di Roma, come eroinomani

La dipendenza da Internet è molto più pericolosa di quanto si possa pensare, è una patologia che presenta gli stessi sintomi e gli stessi disturbi di quella che coinvolge droghe ben più pesanti e tangibili. Come commentato dalla psicoterapeuta Lisa Allegretti al Corriere, i pazienti non sono meno gravi di quelli dipendenti da eroina, nonostante si abbia la convinzione che la dipendenza dal web sia di secondo piano, più light. E così al Policlinico Gemelli di Roma sono oltre 300 le persone assistite dal 2009 a oggi. Le testimonianze sono emblematiche.

Il web offre un panorama di attrazioni il più variegato possibile, è un circo di intrattenimento e di servizi dalle sconfinate potenzialità e dunque per i soggetti facilmente catturabili rischia di cadere in un buco nero fatto di giochi d’azzardo, contenuti per adulti, chat senza controllo e soprattutto social netoworking senza limiti. Un’attività a tempo pieno che fagocita la giornata e annulla il mondo 1.0.
 
Ci sono casi di pazienti connessi 18 ore al giorno tra gli oltre 300 assistiti che dal 2009 sono seguiti dallo speciale reparto al Policlinico Gemelli di Roma. Così come con le slot-machine, ad esempio, l’iniziale approccio emotivo e emozionale finisce a lungo andare con un gesto ripetitivo e dall’assenza dell’utente, che – come in trappola – non riesce più a staccarsi dalla sicurezza della noia e dalla routine dell’assuefazione, in gabbia.
 
Un vuoto di sentimenti” cita uno dei pazienti che racconta di come il computer prenda così tanto tempo libero da annullare lavoro, scuola e rapporti personali. Una dipendenza che cattura giovani e giovanissimi, visto che il novanta per cento è sotto i 30 anni. Lo psichiatra Federico Tonioni rincara la dose: “Si perde la cognizione del tempo, si è come in un sogno ad occhi aperti“.
 
Il fenomeno ha tutte le carte in regola per diventare sempre più importante, d’altra parte l’ultima indagine di Eurispes e Telefono Azzurro (condotta su 1.500 adolescenti 12-18 anni) ha sottolineato che il rischio è che il 50% degli interessati cada nella trappola. Abbiamo sempre parlato di casi isolati come in Cina o negli Stati Uniti, ma anche in Italia il pericolo è considerevole e non si deve sottovalutare.

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