Google Trasparency Report: le richieste di “censura” dei governi mondiali

Google ha pubblicato una nuova sezione del Transparency Report, che racconta delle richieste ricevute su scala mondiale a proposito della rimozione di determinati link a contenuti dalle ricerche online oppure per la consegna diretta di dati personali legati a singoli utenti. Il titolo del documento è “Più trasparenza nelle richieste governative” e si concentra appunto su un elenco delle varie richieste ricevute nell’ultimo periodo a Mountain View da parte dei governi mondiali. Non ci si sofferma su nomi specifici ma sui numeri e sulle percentuali che evidenziano quanto ormai Google sia diventato fondamentale a ogni livello, compreso quello governativo. Indovinate chi c’è in testa alle nazioni con più richieste? Gli USA, con 6,321 richieste, delle quali il 93% è stato accolto. Seguono Francia, UK e Germania con circa 1400 richieste, l’Italia è ferma a 844 richieste (il 51% accolte). Ma che cosa sono queste richieste, insomma che cosa si chiede a Google?

Nel trasparency report riferito ai governi vengono chieste “censure” su determinati video su Youtube oppure dati personali su un autore di un blog o ancora la rimozione di link verso articoli che andavano contro a figure politiche. Insomma, non si tratta di una cancellazione di un contenuto quanto l’eliminazione dei link dalle ricerche verso quel sito: un po’ come un eufemismo, dato che ormai se non sei indicizzato su Google è difficile ricevere visite almeno che non conti su un pubblico affezionato che visita la pagina diretta. A proposito di report sulla trasparenza, Google ha passato al setaccio le segnalazioni ricevute a proposito dei link verso siti che violano copyright e ha cancellato milioni di questi collegamenti. Una sorta di promessa mantenuta per il motore di ricerca principe del Web, che ha acconsentito al 97 per cento delle richieste (vagliandole accuratamente, prima, ovviamente) dei giganti del web con Microsoft in prima persona. Il colosso di Redmond ha inviato infatti circa la metà delle 1.25 milioni di richieste di rimozione di link ricevute, come raccontato nel nuovo Report sulla “trasparenza” pubblicato online. Dietro Microosft c’è la NBCUNIVERSAL e al terzo, posto, curiosamente, troviamo l’associazione britannica che si occupa del rispetto del copyright ossia la British Recorded Music Industry. Continua la lotta alla pirateria online, iniziata a Gennaio con la chiusura di Megavideo e Megaupload.
 
Google e Microsoft non sono così in conflitto come ad esempio Google e Apple o Microsoft e Apple. Insomma verrebbe quasi da pensare che vale l’adagio “il nemico del tuo nemico è tuo amico” e dunque avendo un rivale in comune i due colossi non abbiano poi così tanto da combattersi. In realtà i terreni di scontro esistono eccome: per quanto riguarda i sistemi operativi possiamo citare Android vs Windows Phone, in campo di ricerca online Microsoft ha proposto anni fa l’ottimo Bing. Microsoft è stata però la società con più richieste – in buona parte esaudite – di rimozione di link.
 
E’ tutto raccontato nel Report sulla trasparenza che Google ormai pubblica con regolarità per andare a illustrare con chiarezza e limpidezza cosa è stato operato sul database dei siti indicizzati. Si può infatti leggere che lo staff abbia ricevuto un totale di 1.25 milioni di richieste di rimozione di link verso siti che violano i diritti d’autore ad esempio con documenti, software, video e musica. C’è un rapporto di circa 1 a 1000 nei richiedenti dato che gli 1.25 milioni di link rimossi corrispondevano a 1296 aventi diritto. Tra questi, però, la metà corrispondeva a un solo richiedente ossia proprio Microsoft.
 
Il podio dei richiedenti, come evidenziato nell’appena inaugurata sezione Copyright del Report sulla trasparenza, vede dunque al primo posto Redmond, seguito da NBCUNIVERSAL con 183,617 link e l’associazione BPI (British Recorded Music Industry) con circa 150.000 richieste. Google ha accettato il 97% delle segnalazioni che sono state ricevute da luglio a dicembre del 2011. La maggior parte dei siti “destinatari” della rimozione sono blog personali oppure siti di archiviazione online, un po’ come Megaupload, epurato a inizio anno in seguito alla retata FBI.

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