L’accusa è arrivata nella mattinata: Google avrebbe promosso Chrome in un modo furbesco e tendente a violare i suoi stessi regolamenti e la filosofia aziendale. Come? Avrebbe favorito blog e siti che al loro interno contenevano link a pagamento (senza nofollow, dunque) per scaricare il browser di casa, ossia appunto Chrome. Favoriti in che senso? Questi spazi online con loghino “sponsored by Google Chrome” avrebbero ottenuto immediatamente diverse posizioni abbuonate nei risultati di ricerca in modo truffaldino e con scorciatoie fuori dall’ordinario. Nel giro di un’ora lo scandalo si è infiammato, ma Google ha gettato acqua sul fuoco smentendo categoricamente.
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