Apple, Facebook, Twitter e altre 13 società di primo piano sul web sono state denunciate da una class-action formata per combattere la violazione della privacy che sistematicamente viene adoperata a fini commerciali. In settimana, la Western Division del U.S. District Court, Austin Division in Texas ha visto presentare i documenti per chiamare in causa un gruppo di colossi del web come Apple, Facebook e Twitter, ma anche Path, Beluga, Yelp, Burbn, Instagram, Foursquare, Gowalla, Foodspotting, Hipster, LinkedIn, Rovio, ZeptoLab, Chillingo, Electronic Arts, e Kik Interactive. L’accusa si basa sulla pratica di archiviare sui server informazioni sensibili come la lista dei contatti personali.
Apple è l’unica società non solamente software presente all’interno del gruppone che conta anche sui due colossi del social networking come Facebook e Twitter con il collega LinkedIn, i due rivali del geotag sociale come Foursquare e Gowalla, produttori di videogames come Electronics Arts e infine portali come Path, Yelp, Foodspotting, Hipster, Zeptolab, Chillingo, Kik Interactive, Burbn e Instagram che produce una delle app fotografiche più scaricate, presto anche per Android.
Cosa accomuna tutte queste società? Tutte hanno una o più applicazioni per smartphone. Questi software però, scavalcano con un piede la linea che separa la privacy dalle informazioni condivisibili. Si spingono appena oltre il regolamento andando a pescare a piene mani nella rubrica dei contatti degli utenti che hanno installato le app. Perché? La motivazione è che così possono suggerire raccomandazioni basate sulle preferenze degli amici e dei contatti.
Ad esempio Facebook può suggerire nuove amicizie comuni, Foursquare può offrire informazioni e consigli degli altri utenti e così via. Ma questa funzionalità, seppur utile, non è chiaramente dichiarata e di fatto vìola i diritti degli utenti. Sul documento d’accusa (eccolo) si può leggere “Queste società tra le più importanti e influenti al mondo, hanno sfortunatamente realizzato, distribuito e venduto apps che, una volta installate su un dispositivo mobile wireless, possono recuperare in modo surrettizio informazioni dalla rubrica contatti senza il consenso dell’utente“.
E per rincarare la dose è stata anche riportata una citazione del saggista americano Robert Fulghum “Non prendere cose che non sono tue”. La richiesta della class-action è di 12.000 dollari per ogni società e tutti i profitti ricavati in modo non legittimo dall’uso dei dati delle rubriche personali. Una somma considerevole, come risponderanno le società coinvolte?
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