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Occhio bionico presto realtà grazie ai nuovi microchip?

L’occhio bionico è un obiettivo che si cerca di raggiungere da lungo tempo, almeno da quando si è iniziato ad applicare le ultime novità in ambito tecnologico nel campo medico. Prima prerogativa solo di libri e film di fantascienza, l’idea di un sistema per ripristinare al vista alle persone clinicamente non vedenti ora è giunta a un punto cruciale. Si sta infatti testando con un certo ottimismo un nuovo tipo di microchip che sarà il propulsore del sistema. Ma come funziona questo impianto e quando si potrà vedere finalmente applicato nella realtà?


Gli ingegneri del Monash Vision Group (MVG) in Australia stanno testando i nuovi microchip di ultima generazione ottenendo ottimi feedback dalle prove preliminari e sono ottimisti sul corretto funzionamento in merito al progetto “occhio bionico”. I test pre-clinici dovrebbero infatti iniziare a breve e, come specificato dal Direttore del dipartimento, il professore Arthur Lowery, risultati positivi del progetto potrebbero portare al primo impianto di occhio bionico direttamente collegato al cervello nel 2014, su pazienti volontari.

L’occhio bionico è composto da una piccola microcamera montata all’interno di un paio di occhiali che agisce come una retina. Il processore molto compatto prende le informazioni elettroniche ricevute dalla videocamerina e le converte in segnali da dare in pasto al cervello che può così costruire un’immagine visiva. Impianti nella corteccia andranno a simulare appunto la corteccia visiva, cercando di ricostruire il senso perduto o assente.

Il professore Lowery non vuole però alimentare aspettative troppo grandi: “L’obiettivo di questa protesi per la vista è di offrire l’equivalente di un cane guida o di un bastone bianco. Mentre inizialmente sarà complementare a questi ‘strumenti’ di aiuto, crediamo che potrebbe poi sostituirli, man mano che la tecnologia si raffinerà. I microchip che stiamo testando saranno impiantati direttamente sulla superficie della corteccia visiva del paziente, localizzata sul retro del cervello. E’ stimato che ogni paziente riceverà una griglia di fino a 14 piccole piastre da 8x8mm“.

Ogni piastra comprende microchip da 4x4mm con 500.000 transistor e 45 elettrodi spessi come un capello. Una volta operativa la tecnologia, le piastre riceveranno immagini a bassa risoluzione, bianco e nero, dal processore di immagini esterno, connesso alla microcamera. Il problema è innestare gli impianti al cervello in modo sicuro e efficiente. Il progetto ha ricevuto 8 milioni di dollari dall’Australian Research Council, vi terremo aggiornati sugli sviluppi.
Diego Barbera

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