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Nomofobia: la dipendenza da smartphone

Vi siete scordati lo smartphone a casa ed entrate nel panico più totale? Controllate ogni secondo le notifiche per essere sempre aggiornati? Pensate che il vostro cellulare stia squillando quando invece sta riposando? Per molti utilizzatori di smartphone queste domande sono ormai diventate uno stile di vita e in questo caso si parla ora di “nomofobia”. Di cosa si tratta? La nomofobia è una dipendenza da smartphone e deriva dall’inglese “no-mobile-phone”, ovvero “senza telefonino”. Gli utenti “affetti” da questa nuova patologia manifestano spesso attacchi di panico e di ansia quando il telefono non è connesso oppure quando si sta per scaricare o, più semplicemente, quando non lo si ha a portata di mano. Ma come mai questo atteggiamento?

David Greenfield, professore di psichiatria all’Università del Connecticut, sostiene che essere legati intimamente al proprio smartphone è una dipendenza come ogni altra: anche questa patologia, in effetti, interferisce nella produzione della dopamina. Per dirla in parole povere, questa dipendenza incoraggia gli utilizzatori di smartphone in questo caso a compiere attività che danno piacere. Piacere che loro credono sia tale, ma che in realtà non lo è.

Di conseguenza, quando ci compare una nuova notifica sul nostro smartphone, sale il nostro livello di dopamina perché crediamo che ci sarà una novità interessante per noi, novità tutta da scoprire. Tuttavia non possiamo di certo sapere in anticipo se questa novità sarà positiva o meno ed è proprio per questo motivo che tendiamo a controllare di continuo se sono arrivati aggiornamenti. Gli smartphone addict vengono persino paragonati a giocatori di slot machine: questi continuano a giocare, sperando di diventare milionari e, perché no, anche miliardari. Ma il fenomeno della nomofobia è ancor più diffuso visto che per controllare gli aggiornamenti non servono monetine da inserire. Basta avere il cellulare in mano.

Un sondaggio condotto dall’ente di ricerca britannico YouGov sostiene che più di sei ragazzi su dieci con età compresa tra i 18 e 29 anni si addormentano pochi minuti dopo aver consultato il proprio smartphone, un atteggiamento da evitare assolutamente e che potrebbe nuocere pericolosamente alla salute. Due studiosi dell’Università di Genova, Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, hanno ritenuto opportuno che la nomofobia debba essere inserita nel “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, meglio conosciuto con la sigla Dsm.

Entrambi gli studiosi provenienti dalla Liguria hanno dichiarato che come in ogni dipendenza, il primo sintomo è la negazione e che sebbene la tecnologia ci permette di svolgere delle faccende in modo più veloce ed efficace, i cellulari possono avere un riscontro negativo sulla nostra salute, ma per questo sono necessari studi più approfonditi sulla questione. Tornando al professore di psichiatria dell’Università del Connecticut, Greenfield sostiene che la sensazione di perdersi un aggiornamento se non controlliamo in continuazione le nostre applicazione è del tutto illusoria. Lo studioso americano conclude dicendo che “quello che succede sullo schermo non ha nulla a che fare con la nostra vita.” Una massima che merita riflessione ai giorni nostri.

Umberto Sanna

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