I delfini sono animali estremamente intelligenti e sono svariati gli esperimenti che permettono una sorta di comunicazione tra l’uomo e il cetaceo grazie a strumenti e espedienti. La ricercatrice Denise Herzing si sta occupando di questo progetto da oltre 30 anni, nella zona di mare tra la Florida alle Bahamas, ed è riuscita a insegnare ai delfini a comprendere specifiche parole in inglese e a permettere loro di “rispondere” in un modo altrettanto univoco e decifrabile. Finora ha utilizzato sistemi audio-video subacquei e ha raccolto un’ingente numero di risorse per comprendere meglio come questi animali comunicano tra loro. Il prossimo passo sarà quello di perfezionare uno speciale dispositivo che consentirà letteralmente di tradurre i suoni prodotti dai delfini in modo comprensibile all’uomo e allo stesso tempo di “parlare” con loro a doppia via. Il momento più emozionante – finora – del progetto è stato quando il primo “fischio” è stato associato a una parola ben specifica… Sargassum.
Che cos’è? È un tipo di alga che i ricercatori spesso utilizzano come gioco/ricompensa durante le interazioni. Gli studiosi hanno associato un determinato fischio alla pianta marina e l’hanno insegnato ai delfini che hanno imparato dunque ad assegnare all’oggetto il particolare suono. “Non è la prima volta che i delfini in cattività mostrano un talento nella mimica dei suoni, sappiamo che possono associare suoni a oggetti – spiega la Herzing – ora vogliamo scoprire come questo procedimento avviene nell’ambiente naturale. I delfini hanno una certa flessibilità cognitiva e crediamo di poter creare uno strumento apposito per un lavoro più specifico“. Ci sono precedenti confortanti: i delfini si “chiamano” tra loro con fischi univoci, negli anni ’70 è stato insegnato una sorta di linguaggio dei segni ad alcuni esemplari e in generale gli animali hanno dimostrato di poter comprendere una vera e propria lingua.
Il problema è creare una comunicazione a doppia via che sia solida e concreta. La Herzing ha insegnato ai delfini a riconoscere e chiedere determinati oggetti sin dagli anni ’90 associando suoni a simboli. Il passo successivo e futuro sarà il dispositivo chiamato Cetacean Hearing and Telemetry (CHAT, acronimo ideale) per una traduzione “delfinese” – Inglese a doppia via. Utilizzando un sofisticato algoritmo, consente di creare fischi corrispondenti a oggetti e allo stesso modo può captare i fischi e tradurli in un range di circa 30 metri. A ogni immersione, il dispositivo può inoltre raccogliere nuovi dati e suoni pronti da trattare, inviando i dati via Wi-Fi.
Il riconoscimento dei fischi è il punto focale perché così come noi abbiamo vocali e consonanti, anche i loro fischi hanno piccolissime variazioni che però possono cambiare totalmente il senso di ciò che stanno comunicando. Ma i delfini veramente “parlano”? Non come noi, certo, ma forse nemmeno come i ricercatori credono. Il collega Justin Gregg del Dolphin Communication Project e autore del libro Are Dolphins Really Smart? The Mammal Behind the Myth, dubita che ci sia un vero e proprio linguaggio e che solo pochi “fischi” possano essere davvero intesi come parole. “Credo che non abbiano la possibilità di comunicare usando linguaggi complessi come il nostro con parole e grammatica, ma un sacco di gente ancora spera in questo“. La Herzing ribatte: “L’assenza di una prova non è prova di un’assenza, proviamo a vedere quanto sono davvero intelligenti in modo creativo“.
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