Dopo l’incendio nella server farm di Aruba ad Arezzo sembra che una corposa parte degli utenti colpiti dal disservizio stia preparando la class action contro la società. L’azione legale di gruppo andrebbe infatti a chiedere i danni, visto che per lungo tempo siti, blog e portali sono rimasti irraggiungibili e i proprietari non hanno potuto aggiornare né tantomeno sfruttare il ricavo di banner e advertising presenti online. In realtà c’è una altrettanto vasta parte degli utenti che non è d’accordo, non vorrebbe punire ulteriormente la società.
La questione è molto simile a quella del Playstation Network offline (ancora) per via di un attacco hacker a fine aprile: tanti utenti stanno organizzandosi in una class action contro i giapponesi, ma altrettanti difendono la società non volendo punirla, pensando anche al dramma del terremoto-tsunami.
Entrambe le scelte sono condivisibili e comprensibili, ma soprattutto soggettive. Come nel caso di Aruba: è vero che mezza blogosfera italiana si è spenta, ma si è trattato di un danno dovuto da un incendio non causa della società. Sì, rispondono gli utenti arrabbiati, però abbiamo subito tanti danni anche noi.
Intanto si segnala una pronta – e anche un po’ vigliacca – campagna di advertising online in cui gli altri provider di hosting giocano proprio sull’evento dell’incedio di Aruba per pubblicizzare i propri servizi. D’altra parte però il marketing online respira in tempo reale, sfruttando anche i sentimenti dell’attuale.
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