Lo scontro Google vs Safari vive l’atto conclusivo visto che ora è ufficiale il “trattato di pace” tra il colosso di Mountain View e Apple, proprietaria della paternità del browser. La Federal Trade Commission (FTC) – ossia l’organo di controllo del commercio negli Stati Uniti – ha confermato la richiesta di 22.5 milioni di dollari (avanzata a Agosto) a danno di Google come multa, la più alta commissionata a una singola azienda. La querelle era nata a seguito della denuncia del Wall Street Journal sul tracciamento degli utenti via Safari sia su PC sia su dispositivi mobili (come iPad e iPhone) sfrutttando il sistema dei cookie (dopo il salto tutti i dettagli), contravvenendo ai divieti previsti dalle impostazioni del programma di Cupertino. Google si era immediatamente difesa affermando che il tracciamento era involontario e non pericoloso, ma a quanto pare non è bastato per evitare la multa. E ora è ufficiale.
Anche Microsoft aveva puntato il dito e lanciato l’accusa lo scorso febbraio: Google avrebbe bypassato anche le impostazioni di privacy di Internet Explorer andando ad accedere alle informazioni sugli utenti. L’allarme era stato lanciato da Redmond, attraverso il blog ufficiale di Internet Explorer, con un post firmato dal vicepresidente corporate del browser, a poche ore di distanza da quello del Wall Street Journal che aveva riscontrato la medesima procedura anche con il browser di casa Apple, Safari. Stesso problema e stesso imbarazzo per Google che però si giustifica affermando che lo standard di Microsoft è obsoleto ed è aggirato solo per sfruttare al meglio i nuovi servizi del web.
Solamente una manciata di giorni prima, Safari era stato il primo browser a esser protagonista di questa accusa. Quale? Google avrebbe utilizzato stringe di codice speciali e nascoste nelle istruzioni del browser di Apple per tracciare le azioni degli utenti che navigavano online, sfruttando i cookie. I cookie sono una sorta di orma che il navigante lascia dietro di sé e che permettono di ricostruirne gli spostamenti e le azioni online. E’ bene sottolineare che Safari impediva questa procedura e dunque Google avrebbe contravvenuto alle normative di Apple.
Google aveva poi risposto: “Microsoft ha evitato di comunicare un’informazione importante nel proprio post sul blog di IE. Il protocollo P3P è del 2002 e permette ai siti web di rappresentare le policy sulla privacy in un formato leggibile dal sistema. Ma anche Microsoft è consapevole del fatto che non è pratico conformarsi a questa richiesta e offrire funzioni moderne. Noi puntiamo su un approccio aperto, come tanti altri siti web. Per questo la policy di Microsoft non è ampiamente operativa. Una ricerca del 2010 ha rivelato che esistevano 11.000 siti senza policy P3P valide“.




